Piccolo esperimento di interpretazione radicale
Che cosa accade quando due persone, due mondi diversi, forse incommensurabili, s’imbattono l’uno nell’altro? Può accadere che ci si comprenda, e il mondo (dell’uno e/o dell’altro) non è più lo stesso. (Oppure no).
Ma come? Quali meccanismi possono scattare nel corto circuito tra due linguaggi diversi? (Quello delle parole – a spezzoni, quotidiane e ricercate, pubbliche e private, illustri e sconosciute – e quello dell’immagine pura, anche se tecnicamente mediata, in cui la manipolazione coincide con la sua purezza espressiva).
Un’interazione di cui, tuttavia, prova a essere ora invertita la ‘gerarchia’. Un ben consolidato pregiudizio ‘logo-centrico’ può farci pensare che il bandolo della matassa interpretativa possa essere tenuto in mano innanzitutto dalla verbalità: di solito ciò che è più immediatamente sensoriale viene compreso, in quanto interpretato, da un testo scritto, descrittivo, argomentativo. Qui ci si proverà nel contrario.
Qui abbiamo provato cioè a invertire questa più quotidiana direzione (dall’immagine alla parola), per vedere se e come l’immagine fotografica possa aprire un nuovo senso, o chiuderlo. Come possa una foto “interpretare” la parola – parole amiche, remote, confidenziali, opache, famigliari, straniere. Come possa tradurle in un linguaggio più corposo, sensuale, immediato - ma anche più sfuggente-, aprire una soglia su altri mondi possibili.
Cos’è accaduto, infine? Intesa o fraintendimento?
Federica Gregoratto, Irina Mattioli
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